Ciclovie, una possibile eredità del passato?
Possiamo aspirare ad avere in tempi brevi delle ciclovie che aiutino la promozione del cicloturismo nel bellissimo territorio marchigiano? Io credo di sì. La vecchia rete stradale oramai abbandonata dopo l’inserimento di nuove varianti potrebbe infatti essere riutilizzata a questo scopo e i luoghi da essa attraversati acquistare un nuovo valore…
Il termine pista ciclabile non mi piace. La mia mente lo visualizza come una striscia di strada stretta e delimitata da una linea disegnata per terra, di solito riguardante il bordo della strada principale, quello interessato dal maggior numero di buche e dalle radici degli alberi, o dai tombini. Oppure come quelle stradine messe di fianco al lungomare, non larghe abbastanza per permettere il passaggio agevole di due biciclette che si incontrano, pericolose se piove a causa del fondo non asfaltato ma pavimentato. Pericolose anche se c’è il sole, per la presenza di pedoni, passeggini o runner… Preferisco il termine ciclovia. Questo mi fa tornare alla mente la Val di Fassa, o le varie strade riservate alla biciclette che si possono trovare in Trentino o in Alto Adige.
Le ciclovie sono strade, riservate a mezzi privi di motore, di solito completamente staccate dalla normale rete stradale. Le ciclovie sono di solito ubicate in aree extraurbane, destinate al cicloturismo in zone di alto valore paesaggistico e naturalistico. Le ciclovie non sono qualcosa avente come scopo la mera sicurezza dei ciclisti, ma veri e propri mezzi per immergersi nel territorio e per goderne appieno. La pista ciclabile trova la sua utilità per spostarsi nei centri urbani evitando l’auto, ma ha poco a che fare con il cicloturismo. Credo infatti che le prerogative del cicloturismo siano il silenzio, l’assenza di gas di scarico, la lontananza dal traffico e dai motori in generale.

Una strada bianca. I rumori sono solo quelli della natura ed è molto difficile incontrare automobili
Il territorio marchigiano purtroppo non è ricco di ciclovie, ma la situazione potrebbe cambiare presto. Abbiamo infatti diversi tratti di strada, anche lunghi, che risultano oramai inutilizzati, poiché nuove varianti a scorrimento veloce sono state realizzate negli anni passati ed altre sono in fase di realizzazione oggi.
Ogni volta che un nuovo tratto di strada a scorrimento veloce viene realizzato si guadagna sicuramente del tempo, ma inevitabilmente si perdono dei luoghi. Posti che prima vedevano un passaggio frequente di gente, all’improvviso vengono dimenticati e si perdono nella memoria, lasciando il dubbio che siano mai esistiti. Ho provato questa sensazione durante la Gran Fondo Terre dei Varano di Camerino, quando dopo Serravalle, ho affrontato la salita per Colfiorito lungo la vecchia SS77. A un certo punto si arriva al famoso tornante con i ruderi della Fortezza di Varano e la mente ritorna al bambino col mal d’auto che guardava fuori dal finestrino mentre si andava a Roma. Adesso non si passa più di là. La superstrada per Foligno, la SS77 Variante della Val di Chienti, passa sotto la montagna, attraverso varie gallerie. Così il luogo per alcuni semplicemente non esiste, per altri è solo un ricordo, per quelli come me è un piacevole ritorno al passato da vivere pedalando. Racconto queste sensazioni in I Varano. Camerino e l’altopiano di Montelago.
La vecchia Val di Chienti prosegue verso Est, attraversando vari borghi caratteristici. Nessuno o quasi vi transita in auto. A Sfercia, frazione di Camerino, svetta la Rocca di Varano. La strada è larga, con bei saliscendi che si fanno sentire se percorsi a velocità sostenuta. Il silenzio è totale. Il rumore dei motori delle auto in superstrada non arrivano qui, poiché il traffico rimane in galleria. La montagna è vicina. La vista sul Lago di Polverina, che dalla superstrada rimane quasi nascosto, è rasserenante. I borghi come Campolarzo, Bistocco o Valcimarra, attraversati in Macereto: l’altopiano incantato, rimandano anche essi la mente al passato con una certa nostalgia.
Vicino Ascoli Piceno, andando verso Roma, dopo Mozzano, sulla sinistra c’è la vecchia Salaria, diventata la SP109, dopo la realizzazione della nuova SS4. Anche qui domina il silenzio, anche se il rombo dei motori arriva dalla vicina superstrada. Lo stato del fondo stradale non è dei migliori, ma la quasi totale assenza di auto rende disponibile buona parte della sede stradale, in modo che le numerose buche possono essere evitate. Lungo questo tratto di strada, compreso tra Mozzano e Acquasanta Terme, si incontrano borghi caratteristici, come il piacevole Ponte d’Arli, dove una sosta per la foto è d’obbligo. Si passa da queste parti in La salita di Cervara e i Monti della Laga. Inoltre questo tratto di strada è interessato dalla #Noi con Voi , pedalata di solidarietà nata nel 2016 per la raccolta di fondi per la ristrutturazione delle strade danneggiate dagli eventi sismici di quell’anno, che si ripeterà a breve anche per il 2017.
Uno degli esempi più interessanti di strada un tempo molto trafficata, oggi diventata una ciclovia di fatto, è il valico di Croce di Casale. Siamo tra Roccafluvione e Comunanza. Fino a poco tempo fa questa era la via di collegamento principale tra la valle del Tronto e la valle dell’Aso, tra la provincia di Ascoli Piceno e quelle di Fermo e Macerata. Nel 2007 fu aperta una variante che comprendeva due gallerie e una serie di viadotti. Il traffico ovviamente fu deviato in maniera massiccia sulla nuova strada più veloce e senza curve e la vecchia SP237 venne praticamente abbandonata. Oggi l’ascesa al valico, particolarmente il versante di Roccafluvione, è una delle salite più piacevoli da fare in bicicletta, come ho evidenziato in Il Montegallo: boschi e borghi all’ombra del Vettore.
Questi sono solo alcuni esempi di strade oramai diventate vie preferenziali per ciclisti. Potrebbero essere facilmente convertite in vere e proprie ciclovie, chiudendole del tutto al traffico veicolare, oppure permettendo solo il traffico locale dei residenti o dei mezzi che operano presso le attività presenti, magari con un limite di velocità ridotto. Del resto ultimamente anche in grandi città come Roma si sta pensando di aprire le corsie preferenziali riservate a bus e taxi anche alle biciclette.
Ovviamente soluzioni di questo tipo andrebbero accompagnate da una solida informazione riguardo i benefici che potrebbero arrivare dal cicloturismo e su come esso rappresenti sicuramente una grande risorsa. Molte sono le attività che hanno visto ridursi in modo non trascurabile il fatturato, in seguito alla deviazione del traffico abituale sulle varianti. Il cicloturismo potrebbe rappresentare una sorta di rilancio per loro. Altre potrebbero addirittura nascere, sul modello dei vari bike grill presenti lungo la ciclovia della Val di Fassa.
Qualcuno potrà dire che la mia visione delle ciclovie marchigiane rimarrà un’utopia o un sogno. A me piace pensare di cullarmi con un sogno che un giorno, forse nemmeno troppo lontano, potrebbe diventare realtà. Come diceva la canzone? You may say I’m a dreamer. But I’m not the only one…
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in generale condivido l’articolo, faccio solo notare due cose: ciclabili e ciclovie possono convivere nel senso che una non esclude l’altra; in Val di Fiemme e Fassa non c’è una ciclovia ma una vera ciclabile (in sede propria e asfaltata, percorribile anche con le bici da corsa), così come in altre valli del Trentino e dell’Alto Adige. Ovviamente, dato che le case non possono essere piallate, lungo una ciclabile di 40km, si possono trovare alcuni tratti che sfruttano stradine secondarie.
Un bel esempio di utilizzo di strade dismesse ai fini ciclabili, è il nuovo tratto ciclabile del Limarò (che in futuro dovrebbe collegare il Lago di Garda alle Dolomiti di Brenta):
https://www.youtube.com/watch?v=fwDhKX9zr4o&t=278s
Sono assolutamente d’accordo con te e spero un giorno di poter percorrere la bellissima ciclabile di cui parli. Amo il Lago di Garda e sicuramente prima o poi ci tornerò. Grazie.
Condivido l’analisi, io però credo sia più urgente creare una rete di piste ciclabili (o ciclovie, non mi interessa molto come chiamarle) per arrivarci in sicurezza in certe zone e senza dover fare uso dell’auto. Se da porto San Giorgio un turista o un “locale” volesse pedalare su certi tragitti (anche solo i tanti crinali crinali) deve comunque percorrere diverse decine di km altamente pericolosi oppure caricare la bici e fare tale spostamento in auto. Ma in questa maniera non si svilupperà mai l’uso della bici come mezzo di trasporto quotidiano, cosa importantissima anche per lo stesso sviluppo turistico.
Sicuramente la priorità è la realizzazione di ciclovie che permettano di pedalare dalla costa verso l’interno in totale sicurezza, restando lontani dalle strade di fondovalle, sempre trafficate e pericolose
Bell’articolo.
Mi permetto di far notare un paio di cose:
in tutta Europa, il cicloturismo e l’indotto ad esso legato fatturano 44 miliardi di euro. Fatturato superiore a quello delle crociere che è di 39 miliardi di euro. Ora, immaginiamo una bicicletta e immaginiamo una grande nave, direi proprio che Davide batte Golia dieci a zero. Se a questi numeri aggiungiamo quanto inquinano e quanto impattano le grandi navi e quanto NON inquinano e NON impattano le biciclette…..la differenza di introito fra un sistema e l’altro diventa incalcolabile.
Sempre cifre alla mano, in Germania il fatturato del cicloturismo è di 9 miliardi di euro mentre in Italia è di 2…ai posteri l’ ardua sentenza !!!
Graziano, hai colto perfettamente il nocciolo della questione. L’obiettivo principale di questo blog è proprio quello di far crescere il cicloturismo nelle Marche e la consapevolezza di quanto questo bellissimo territorio si presti a tale attività. Il fine è certamente quello di trovare un modo (un bellissimo modo) di uscire dalla crisi economica in cui ci siamo venuti a trovare negli ultimi anni per cause diverse.
Grazie per il tuo prezioso intervento. Continua a seguirmi.