Il Muro di Monte Cacciù
Monte Cacciù, il Monte della Cacciona. Un cocuzzolo molto panoramico e poetico situato proprio sopra la cittadina costiera di Porto San Giorgio, dove lo sguardo si perde verso il mare o la montagna. Si dice che qui, in epoca medioevale, si stabilirono i pescatori veneti o dalmati in fuga dai barbari, che cercavano un luogo affacciato sul mare, sicuro e facile da difendere. I bikers della zona parlano con rispetto del terribile muro da scalare per raggiungerlo. Parlo con un amico musicista, che mi racconta che in questo luogo magico ha spesso momenti di ispirazione e che proprio lì ha composto una bellissima canzone. La scintilla della curiosità si è accesa e una fredda mattina di Gennaio decido di andare…
Tabella riassuntiva | |
Lunghezza | 1,36 km |
Aumento di quota | 166 m |
Perdita di quota | 7 m |
Quota minima | 5 m |
Quota massima | 164 m |
Pendenza media | 12,3% |
Pendenza massima | 27% |
Parto dal centro storico di Porto San Giorgio. Più precisamente dal caratteristico Corso Castel San Giorgio, a cui si può accedere dal Largo del Teatro Comunale. La salita inizia con Via Girolamo Bonaparte, pavimentata e con piccoli scalini, per poi proseguire per via Cerretani fino a un arco con cui attraverso le mura di Castel San Giorgio. La strada che conduce alla sommità di Monte Cacciù prende il nome di Via Cacciona e, nel suo tratto urbano, costeggia le antiche mura del castello. In realtà questa via pavimentata inizierebbe un po’ più sotto, presso il piccolo ponte sul Fosso Petronilla, da Via Domenico Collina. Anche questo può essere considerato un punto di partenza ideale, ma qui ho voluto inserire un passaggio nel pieno centro storico, secondo me interessante.
Presto arrivo all’incrocio con Via Michelangelo Buonarroti. Il tratto pavimentato finisce. Mi lascio il Castello alle spalle e l’asfalto di Via Cacciona si erge davanti a me, guardandomi già in faccia. La strada si presenta stretta. I cartelli stradali sono minacciosi: divieto di transito per i camion, pendenza 20%. Non è la prima volta che vedo qualcosa del genere, ma scoprirò poi che l’ascesa a Monte Cacciù è molto più ardua di ciò che la segnaletica lasci intendere.
La salita parte subito molto dura. Ho davanti a me quasi quattrocento metri di asfalto al 20% di pendenza media, con due rampe rispettivamente al 22% e 23% separate da un brevissimo tratto al 9% subito dopo una doppia curva. La cosa più spaventosa è che successivamente c’è un tratto cementato di circa 100 metri con l’incredibile pendenza di 27%. In pratica il “muro” vero e proprio, iniziato presso Via Buonarroti, finisce qui, al termine della superficie cementata. Lunghezza 480 metri, pendenza media 21%. Un vero e proprio incubo, anche avendo rapporti molto agili.
Subito dopo la pendenza diminuisce considerevolmente. Siamo vicini al 10%, ma oramai la strada sembra pianeggiante. Mi fermo a tirare il fiato e getto un’occhiata alle case di Porto San Giorgio, 130 metri più sotto.
A questo punto la strada è piacevole e mi consente di apprezzare la vista sulle vallate dell’Ete Vivo, a sinistra, e del Rio Petronilla a destra. Una piccola rampa al 17%, che adesso sembra facilissima, e raggiungo lo svalico di Monte Cacciù. Mi fermo. Sulla sinistra c’è un grosso blocco di cemento. Ci salgo su e inizio a girare su me stesso. La vista spazia a 360 gradi. Il mare, le case, il porto, l’autostrada, la valle dell’Ete Vivo, il Gran Sasso, i Sibillini, la città di Fermo, Monte San Vicino, la valle del Rio Petronilla, le colline, di nuovo il mare…
Tutto è lì, alla portata dello sguardo. Il silenzio è totale e capisco perché il mio amico Diego Mercuri proprio qui abbia composto la sua bellissima Take me home, una canzone ispirata ai Sibillini e a quelle persone che a causa dei terremoti del 2016 hanno dovuto abbandonare le loro case e i loro amati luoghi, che da qui appaiono ancora sereni ed accoglienti come erano un tempo e come speriamo tornino presto ad essere.
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Ciao,sono Agostino Poli grazie di questo blog,bello,complimenti e fatto molto bene,io sono uno di quei terremotati da te citati,ciao
Un saluto a te Agostino. Purtroppo ancora oggi pedalare nel nostro territorio significa osservare i segni lasciati dagli eventi sismici del 2016. Nel blog ci sono vari itinerari che si spingono nel cuore dell’area colpita. Questa è stata una scelta ben precisa, volta ad invitare i ciclisti a frequentare quelle zone ancora meravigliose dal punto di vista paesaggistico, e a combattere l’abbandono.